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La spedizione dei Mille è un passaggio obbligato per capire la storia dello Stato unitario italiano, e molti ritengono che abbia avuto la sua influenza su fenomeni come il brigantaggio, lo squilibrio nord-sud e la cosiddetta "Questione meridionale".
Molti ritengono che la spedizione dei Mille sia stata narrata in modo "agiografico", dalla storiografia tradizionale. Ciò, in particolare, a fronte della damnatio memoriae che toccò alla dinastia borbonica e al brigantaggio che arrivò ad impegnare fino a 140.000 soldati del nuovo Regno d'Italia (Rif. Villari): nell'iconografia tradizionale, la discussa figura di Garibaldi assume facilmente le sembianze dell'eroe che combatte e vince contro un esercito ben più numeroso, mentre i tanti “briganti” che in seguito combatterono contro un ben più organizzato esercito piemontese ebbero il torto di essere perdenti. Insomma il mito di Garibaldi sarebbe stato funzionale agli assetti di potere vincenti
Lo storico inglese Mack Smith ne "I re d'Italia", con riferimento al periodo storico che comincia dall'unità d'Italia (1861) scrive: "La documentazione di cui disponiamo è tendenziosa e comunque inadeguata. ... gli storici hanno dovuto essere reticenti e, in alcuni casi, restare soggetti a censura o imporsi un'autocensura". Ancora oggi, a 150 anni di distanza da quegli avvenimenti, regna una cortina fumogena di disinformazione e negazione.
La principale linea di dibattito è rappresentata dal ruolo dei garibaldini come puntelli delle strutture sociali arretrate, emblematicamente rappresentate dal baronato.
La maggior parte dei latifondisti del Meridione non opposero alcuna resistenza attiva all'impresa dei Mille, una volta verificato che la struttura esistente della proprietà terriera non veniva toccata. Come sintetizzato dalla famosa frase del romanzo Il gattopardo: "Tutto deve cambiare affinché non cambi niente". Alcuni contadini siciliani si unirono invece alla spedizione contando in una distribuzione di terre demaniali a chi le lavorava. Le tragiche conseguenze si videro quando il generale Nino Bixioebbe l'ordine di reprimere nel sangue la pretese dei contadini, con un esempio particolare alla repressione di Bronte il 4 agosto1860. Certamente, la mancata redistribuzione della terra costituì una delle tante ragioni alla base del cosiddetto brigantaggio che di fatto va inquadrato come una guerra civile di resistenza partigiana e non come un banale fenomeno delinquenziale.
Al tradimento dei nobili, viene associato il tradimento degli ufficiali. Non è chiaro l'intreccio tra Cavour, inglesi e esercito borbonico, ma è certo che molti ufficiali di alto rango tradirono, sebbene l'armata di terra seguì in gran parte il proprio sovrano fino alla ultima battaglia.
Una questione concerne i vantaggi che lo stato sabaudo, con le sue finanze disastrate dalle numerose campagne militari, aveva ricevuto dalla floridità economica del Regno delle due Sicilie: la conquista del Regno delle due Sicilie fu economicamente provvidenziale. Esiste una vasta letteratura in proposito, con prove documentali e materiali, della quali la più spesso citata è il primato della prima ferrovia in Italia, la Napoli-Portici.
Un'altra linea concerne l'appoggio (negato da Rosario Romeo) del governo britannico alla spedizione.
Esso viene motivato da molti studiosi (tra cui Del Boca) con la necessità di spuntare condizioni economiche migliori per lo zolfodi produzione siciliana, di cui le navi a vapore inglesi facevano largo consumo. Lo zolfo era un elemento essenziale nella lavorazione dell'acciaio, oltre ad essere un additivo del carbone combustibile, ed era un protagonista collegato alla Seconda Rivoluzione Industriale, del carbone e dell'acciaio.
Alcune navi da guerra di Lord Palmerstorn incrociavano il largo di Marsala, il giorno dello sbarco dei Mille. La flotta mercantile e militare dei Borboni era la seconda in Europa dopo quella britannica.
Secondo alcune recenti scoperte dello storico Giulio Di Vita pressoarchivi inglesi, è emerso che il governo e la massoneria inglesifinanziarono segretamente la spedizione dei mille con la somma di tre milioni di franchi francesi del tempo, del valore di molti milioni di euro attuali. È verosimile pensare che tale somma fu utilizzata per corrompere generali e notabili borbonici.
Alcuni storici, basandosi su lettere e documenti di Cavour, sostengono che gran parte del comando dell'esercito borbonico fosse interessato a rimanere "reticente" nel contrastare i millenella loro avanzata. Parecchi ufficiali infatti avevano stretti legami con gli inglesi.
In generale, molte di queste osservazioni cercano di rispondere alla domanda di come mai abbiano potuto 1'000 armati irregolari, ancorché raggiunti da rinforzi, sgominare un esercito molto più numeroso, che agiva dalle sue basi principali, in mezzo ad una popolazione amica.
Tratto da "Wikipedia eciclopedia libera"
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